Psicologia del Terrorismo

terrorismoPaura, angoscia, impotenza, rabbia, panico, sono le emozioni prevalenti suscitate dal terrorismo che ha la finalità di controllare e inibire le comuni attività quotidiane, come prendere la metropolitana, visitare un museo, andare a cena in un ristorante o semplicemente fare una passeggiata. Il terrorismo mette tutti quanti di fronte alla possibilità di una Morte imprevedibile, che potrebbe sopraggiungere da un momento all’altro e colpire chiunque. Questo è proprio l’obiettivo dei terroristi. Gli effetti e le conseguenze di un attacco terroristico risuonano su tutta la popolazione, a prescindere dallo Stato colpito direttamente o da cari o conoscenti coinvolti in prima persona. Il terrorismo coinvolge emotivamente tutta la popolazione, adulti e bambini, quindi, il terrorista attraverso l’uccisione di molte o poche vittime, riesce a colpire indirettamente una quantità innumerevole di persone. I sopravvissuti a un attacco terroristico o i cari delle vittime di un attentato, se non opportunamente seguiti a livello psicologico, sono a rischio di sviluppare un disturbo da stress post-traumatico, che comporta l’emergere di sintomi a livello cognitivo, emotivo e comportamentale che condizionano significativamente la vita del sopravvissuto. Mentre, “le vittime indirette”, cioè coloro che non sono coinvolti direttamente nell’attacco terroristico, ma che per esempio, sono venuti a conoscenza dell’accaduto attraverso i mass-media, possono sperimentare un’amplificazione della loro paura di morire o di loro altre paure soggettive, come quella di incidenti o malattie. Attraverso i mass-media, adulti e bambini sono esposti a immagini di terrore, e la convinzione che i più piccoli non capiscano l’accaduto, è un grave errore. I bambini capiscono tutto! Sono in grado di avvertire tutte quante le emozioni che le persone più vicine a loro sperimentano; per questo motivo, gli esperti consigliano di parlare con loro, ovviamente utilizzando un linguaggio adeguato alla loro età, di ciò che accade nel mondo, anche se si tratta di eventi così tragici. Infatti, l’adulto ha il compito di porsi come filtro tra il mondo interno del bambino e la realtà esterna. Quanto più l’adulto riuscirà a gestire le proprie paure e angosce legate all’evento terroristico, tanto più i bambini potranno capire e contenere le loro emozioni negative legate all’evento. A tal proposito, è importante specificare che, se l’adulto è spaventato, il bambino non avrà paura dell’accaduto, bensì della paura dell’adulto. E’ importante che l’adulto risponda a tutte eventuali domande poste dal bambino con un tono di voce sicuro, in grado di accogliere e contenere le emozioni del bambino, collegandosi al suo vissuto emotivo e ricoprendo per lui il ruolo di punto di riferimento sicuro. Bisogna sempre ricordare che il silenzio, l’occultamento o la negazione della realtà, mette il bambino al rischio di sperimentare emozioni negative come paura e angoscia, senza sapere il perché e senza avere la possibilità di esplicitarle e di poterle affidare a un genitore in grado di accoglierle.

Adulti e bambini possono sperimentare emozioni negative, come paura e impotenza, che possono far percepire una sensazione di debolezza e vulnerabilità, mentre gli attentatori sono visti potenti e inarrestabili, questo induce una sottovalutazione del proprio Io e una sopravvalutazione della forza dell’avversario. Ciò potrebbe dar vita a un circolo vizioso che comporta l’accrescersi di angosce, fobie e inibizioni di attività quotidiane, portando a perdere il controllo sulla propria vita. Qui risiede il motivo dell’invito a non rinunciare alle proprie abitudini e alla propria routine, perché è proprio l’essere padroni della propria vita, nonostante la paura, ciò che consente di recuperare e mantenere un senso di equilibrio e sicurezza personale.

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